La semplicità volontaria

Consumare è diventato un dovere civico. Per rilanciare la crescita economica dovremmo correre tutti a comprare, non si sa con quali soldi data la crisi e le condizioni materiali della maggioranza dei cittadini, spremuti da politici che non osano toccare le rendite dei super ricchi e da economisti che, per tirar fuori un’idea originale, dovrebbe toccarli lo Spirito Santo. Il salasso, piaccia o no, spinge in un’altra direzione: risparmio e frugalità. Sono scelte obbligate, fatte con un sentimento di frustrazione. La rinuncia forzata mentre il lusso vola distorce il senso di parole chiave alternative: citare la decrescita è come evocare il diavolo in chiesa. Cambia tutto la semplicità volontaria. Sobrietà , frugalità, consumo critico, parsimonia, qualità della vita, dono, convivialità, decrescita felice, buen vivir, pratiche di tanta società civile nel mondo, incarnano la nozione ecologica del limite, la coscienza che l’abbondanza di alcuni popoli è causa di miseria per altri e il desiderio di una vita “altrimenti” ricca. Nel 1845 il naturalista e filosofo Henry Thoreau lasciò la città e visse per due anni nei boschi del Massachusetts. Lo racconta in «Walden o la vita nei boschi», pietra miliare per capire quanto poco basti per vivere, e come la vita sia ormai al servizio di un circo Barnum di merci e burocrazie.
Alexander Langer è stato un politico pragmatico e visionario, qualità che di rado viaggiano insieme. La Fiera delle utopie concrete che si è tenuta a Città di Castello dal 1988 su come riconvertire in modo ecologico società e produzioni, è una delle sue intuizioni più riuscite. Tra la prima fase centrata sui quattro elementi – aria acqua terra fuoco – e la seconda – i cinque sensi – un incontro ha analizzato cosa siano nella nostra civiltà dei consumi la ricchezza e la povertà, nella realtà e nell’immaginario collettivo, e ha cercato di ridefinire i contenuti di entrambe. Ne esce una critica forte all’idea di ricchezza come accumulo di oggetti e denaro, e il desiderio diffuso di vita sobria, che non è mortificazione e pauperismo ma un modello francescano e conviviale che ama la natura e non lascia indietro tanta popolazione mondiale. Idee che hanno animato la rete planetaria degli ecovillaggi, il restauro di borghi, le comunità agricole, i soggiorni nei monasteri in cerca di silenzio, il ritorno in campagna, la difesa del paesaggio, l’uso di tecnologie dolci e un’altra mobilità, riuso e riciclo, il baratto e le banche del tempo, fino a progetti di riconversione locale e di paesi interi. Una diversa ricchezza quindi, un benessere da reinventare. Questa semplicità che usa tecnologie in sintonia con la natura, rivaluta il lavoro manuale, non spreca e crede ancora nella comunità viene fraintesa quando non attaccata come “arcaica” a causa di pregiudizi tenaci: l’identificazione tra sobrietà e miseria, la convinzione che i problemi umani possono essere risolti per mezzo di una quantità illimitata di beni materiali (Polanyi), la demonizzazione del passato e un’idea fantascientifica del nostro futuro – robot che fanno tutto e simili. Lo spirito dell’epoca disprezza ciò che è semplice, incapace di sentirne la profondità, e vuole una vita di effetti speciali. Non ama la conoscenza che segue la via della sottrazione e non capisce che la semplicità è l’arrivo felice di un percorso intenso, fuori e dentro noi stessi. Un esercizio zen.