L’organizzazione umanitaria «Terre des hommes» ha denunciato ad un gruppo di esperti delle Nazioni unite – che si occupano della schiavitù nel mondo – i crimini commessi in Medio Oriente contro le donne che hanno rapporti sessuali prematrimoniali o adulterini o che ne siano semplicemente sospettate. Il rapporto. che porta il nome di «Principesse morte» con un riferimento esplicito al caso della giovane principessa saudita uccisa perché aveva ammesso di avere un amante, raccoglie una documentazione raccapricciante. Centinaia di donne vengono sgozzate, decapitate, bruciate vive in Egitto, in Siria, in Giordania, in Arabia saudita e in Iraq per vendicare l’onore offeso delle famiglie. Sono uccise da assassini professionisti pagati per questo o dagli stessi familiari, nell’indifferenza assoluta degli «altri» i parenti, gli amici, i vicini. Le stesse autorità giudiziarie non si sconvolgono molto per questi fatti. Quest’anno in Giordania un ragazzotto che aveva decapitato sua sorella per motivi d’onore è stato condannato a due settimane di detenzione. Se il delitto per cause d’onore non fosse stato abolito in Italia da pochi anni e se non leggessimo ancora sui nostri giornali «Marito geloso uccide la moglie» potremmo dire che si tratta di un problema esotico. Da mettere insieme alle lapidazioni degli adulteri che ci sono state recentemente nell’Iran di Khomeiny. Quando dieci anni fa le donne in occidente cominciarono a lottare per la propria liberazione si rivolgevano a metà dell’umanità, che doveva unirsi perché c’era una comune oppressione. Piene di speranza lanciavano un’internazionale fondata sulla solidarietà di sesso, che sembrava avere più prospettive di quella proletaria. Non c’è rivoluzione senza liberazione della donna, dicevamo a noi donne per prime, poi ai compagni e alla sinistra intera. Da allora molta acqua è passata sotto i ponti. In Iran le donne si mettono il chador e marciano insieme agli uomini, anche se un po’ discoste, per le magnifiche sorti della repubblica islamica. A Copenaghen la maggioranza delle delegate del Terzo mondo inviate dai rispettivi governi alla conferenza dell’Onu sulla dorma ha detto chiaramente alle occidentali di non mettere il naso nelle loro tradizioni (mutilazioni sessuali, segregazione, poligamia ecc,) e di occuparsi invece della politica imperialistica dell’occidente. Islam, dunque, è bello; e noi donne occidentali dobbiamo farci i fatti nostri. Dobbiamo cioè accettare le divisioni date dalle differenze culturali. razziali. politiche. E se Nabilia, una ragazzina siriana di sedici anni, viene prima sfigurata, rapata a zero, picchiata selvaggiamente e poi avvelenata perché la sua famiglia sospettava che avesse un rapporto sessuale con un suo coetaneo, dobbiamo stare zitte perché sarebbe solo un fatto culturale, proprio di una società diversa dalla nostra. E invece questi fatti somigliano troppo a tante cose di casa nostra e non è vero che le donne africane, le donne arabe condividono queste posizioni. Non era d’accordo la madre egiziana che sì è uccisa dopo essere stata costretta ad avvelenare la figlia tredicenne, non sono d’accordo le donne che qui da noi subiscono una sorte simile solo, a volte e non sempre, più sofisticata. Le donne col chador somigliano troppo alle beghine nostrane, custodi da sempre del!a «morale» pubblica dei nostri paesi e dei nostri quartieri, per convincerci che la nostra protesta è solo imperialismo culturale dell’occidente.
Il manifesto 13 agosto 1980