Tornare alla pedagogia e alla scuola per tutti. Anni di logiche contabili, riforme dissennate, chiacchiere sul merito hanno annullato un lavoro secolare, da Pestalozzi a Dewey a Paulo Freire, soprattutto per i più piccoli. Consumatori consumati, dei bambini se ne occupano oggi tv, pubblicitari, case farmaceutiche, produttori di videogiochi, tablet, cibo, bevande e abiti griffati, e di peggio. Era il 1658 quando fu pubblicato il primo libro illustrato per l’infanzia, l’«Orbis Pictus», un’intuizione di Comenio, direttore di scuola, che anticipa i futuri strumenti per insegnare ai bambini. Che non sono le creature di Rousseau buone per natura ma certo individui in evoluzione, uno diverso dall’altro. La pedagogia si afferma nell’Ottocento, il secolo che codifica «il bambino», non più un uomo in sedicesimo. Negli Stati Uniti, Amos Alcott mette a punto un insegnamento originale ricordato dalla figlia, la scrittrice May, nei suoi noti libri. Il trascendentalismo di Emerson influenza anche la democrazia attiva di John Dewey. E in Gran Bretagna negli anni Trenta nascono numerose scuole sperimentali dopo la Beacon Hill School di Dora e Bertrand Russell (1927). La libertà, humus delle innovazioni in ogni campo, è il filo conduttore dei maggiori pedagogisti. Di Maria Montessori che sperimenta il suo metodo nella «Casa dei bambini» da lei creata nel 1907 nel quartiere romano di San Lorenzo, e di Rudolf Steiner, direttore della scuola per i figli degli operai della Waldorf-Astoria di Stoccarda aperta nel 1919 su richiesta del responsabile della fabbrica. Jeffrey Bezos, Sergey Brin e Lany Page, Jimmy Wales, inventori rispettivamente di Amazon, Google e Wikipe dia sono stati scolari montessoriani. Alexander Neill, creatore di Summerhill, indica anche i fraintendimenti – la libertà ha bisogno di regole – ma non si cambia la società in laboratorio, errori ed eccessi sono inevitabili. Se oggi gli studenti arrivano con le mutande a vista non dipende certo dal ’68. La realtà è che anni di profitto al primo posto hanno fatto dimenticare la funzione della scuola: trasmettere memoria storica e competenze, insegnare un metodo di apprendimento, far emergere le potenzialità di tutti i bambini e formare esseri umani capaci di vivere insieme e collaborare. La scuola pubblica, un’eccellenza italiana tra le prime nel mondo, è stata abbandonata e se non è ancora morta è grazie a tanti insegnanti e dirigenti scolastici che non si rassegnano: senza soldi, in edifici fatiscenti, con stipendi ridicoli, sempre a combattere con burocrazie dementi, l’indifferenza dei baroni e nessun riconoscimento. Altro che «fannulloni». I maestri, da raccontare. La mia, la signora Rippo, un’artista nell’insegnare, usava anche la storia sceneggiata: ricordo ancora una piccola Masaniello in piedi sul banco che spingeva alla rivolta noi, il popolo. Piccolo elenco: Maria Montessori, Ernesto e Anna Maria Codignola, Margherita Zoebelli, Gastone Tassinari, Alberto Manzi, Mario Lodi, Giuseppe Tamagnini e Aldo Pettini, Maria Maltoni e i quaderni di San Gersolè, Don Milani, Don Zeno, Aldo Capitini, Marco Rossi Doria e i maestri di strada, Franco Lorenzoni, Loris Malaguzzi e gli asili di Reggio Emilia, Pia Pera e gli orti di pace…