Bolivia, eccidio in Amazzonia

Dopo la recente esecuzione della missionaria Dorothy Stang, un altro gruppo che difendeva l’Amazzonia è stato trucidato da una banda armata. I malviventi hanno assaltato il camion che trasportava noci per incarico della cooperativa boliviana Coinacapa, uccidendo i lavoratori che viaggiavano con la famiglia. E’ accaduto il 18 marzo nella riserva che abbraccia parte dello stato brasiliano di Acre e del distretto del Pando, a nord della Bolivia. L’autista, la moglie e i due figli di sei e quattro anni e un altro lavorante sono stati finiti con un colpo di pistola alla nuca. Altri due, gravemente feriti, sono scampati all’esecuzione fingendosi morti. Uno di loro ha riconosciuto due malavitosi locali nella banda formata da brasiliani e boliviani. Dopo la reazione immediata della popolazione di Cobija, la capitale del Pando, che è scesa nelle strade infuriata, i due sono stati arrestati e sottratti al linciaggio. «Un atto intimidatorio, legato alla produzione e al commercio della noce», è il parere di Gomersindo Glovis, avvocato ed ex direttore della cooperativa dei seringueros di Xapuri, nell’Acre, dopo l’assassinio di Chico Mendes. La noce ha un posto importante nel commercio boliviano. Il 70 per cento della produzione mondiale di questo prodotto spontaneo della foresta viene infatti dalla Bolivia, dove è la seconda voce dell’esportazione nazionale. La cooperativa Coinacapa coinvolge più di mille famiglie su un’estensione di 60.000 chilometri quadrati. Il loro progetto è ambientalmente e socialmente sostenibile. Utilizzano i prodotti della foresta senza procurare danni all’ ecosistema. Sono sostenute dalla cooperativa italiana Chico Mendes di Modena, che ha sul posto alcuni tecnici, uno dei quali, Feliciano Ibaguari, è sfuggito per un soffio all’agguato. I boliviani forniscono le noci al mercato italiano equo e solidale attraverso Coop Italia e Conad. «E’ un successo che ha premiato i contadini raccoglitori con un prezzo mai avuto ma che ha suscitato l’aggressività di diversi soggetti», sostiene Stefano Ronconi, presidente della cooperativa italiana. L’aumento del prezzo all’origine e la chiusura del nostro mercato negli ultimi due anni, anche per la minore qualità del prodotto raccolto a terra e non sugli alberi, non sono graditi ai latifondisti che hanno avuto finora il monopolio del commercio della noce. L’ipotesi più accreditata per ora è quella del narcotraffico: il circuito della noce sarebbe infatti un canale usato per pulire narcodollari.

La cooperativa Coinacapa lavora in collaborazione con le cooperative agroestrattiviste brasiliane Capex e Caex fondate entrambe da Chico Mendes, il sindacalista ambientalista ucciso da fazenderos nel dicembre del 1988. Mendes aveva pensato le riserve estrattive per dare reddito agli abitanti della foresta senza distruggerla. Avevano lavorato con lui Marina Silva, oggi ministro dell’ambiente del Brasile, e l’antropologa Mary Allegretti, oggi segretario di stato per l’Amazzonia. Allegretti anni fa aveva portato la noce nelle mense scolastiche del piccolo stato di Amapà, nel nord del Brasile, governato allora dall’ex guerrigliero Capiberibe. Tullio Aymone, il docente italiano recentemente scomparso, ha sostenuto per anni i seringueros e l’economia solidale, anche con una serie di convegni cui aveva partecipato Dorothy Stang, più nota come «Irma».

L’assalto in Bolivia segue l’assassinio di suor Irma, la morte misteriosa di una militante di Greenpeace e di altri dieci difensori della foresta Amazzonica. Al taglio e agli incendi degli alberi, mai interrotti, e alle miniere a cielo aperto, si sono aggiunte innumerevoli piantagioni di soia, le piste dei narcos e la pressione degli Stati Uniti per il controllo militare dell’area, con il fine di contrastare le guerriglie e proteggere l’estrazione di risorse.

Il manifesto 25/03/2005

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