
Cecilia Mastrantonio
La campagna Nord-Sud: un altro mondo
Quando ci lascia una persona cara è impossibile non ripercorrere con la memoria le tappe di un incontro che, a volte in modo intermittente, ci riportano ad esperienze di cui siamo la somma. Nel caso di Giuseppina Ciuffreda, almeno per me, è come riavvolgere un sentiero che abbiamo condiviso. Giornaliste entrambe, io un po’ più giovane. Dagli anni ‘70 in poi, in diversi momenti e con differenti modalità, le nostre strade si sono continuamente incrociate. La nuova sinistra, il femminismo, il pacifismo e soprattutto la scoperta dell’ecologia. Non c’è un limite preciso agli interessi. Curiosa lei, curiosa io, spesso ci siamo trovate negli stessi luoghi della politica ma anche a viaggiare insieme e a scoprire molte affinità. Nelle nostre frequentazioni, non mancavano anche momenti privati, a volte dolorosi, soprattutto dopo la perdita di Marco.
Oggi mi chiedo: quale Giuseppina ho conosciuto? Quale voglio che non venga dimenticata? Se è vero che ricordare è spesso “ri-creare”, quale delle molte facce di Giuseppina che sono cambiate nel corso del tempo, (come è giusto che sia) non si deve perdere? Vorrei provare a ricordarne una, credo determinante: il suo apporto fondamentale e la sua lunghissima partecipazione alla “Campagna Nord Sud: debito, biosfera, sopravvivenza dei popoli”. Un apporto sostanziale e di elaborazione teorica che ha poi riportato anche nelle sue rubriche sul manifesto e nelle sue pubblicazioni.
Perché proprio questa è presto detto: per la prima volta in Italia con un’operazione di vero pionierismo, si ricomposero in un unico progetto teorico e pratico la consapevolezza che l’ecologia e la giustizia sociale non erano temi differenti e, men che meno, opposti. Erano un unico tema, indispensabile per pensare al futuro del Pianeta. Per questo si lavorò, fin da subito, a creare un coordinamento di Organizzazioni non governative attive nel campo della solidarietà internazionale, associazioni ambientaliste, sindacati, chiese. Un percorso non facile.
Era il 1988 e le diffidenze erano molte e incrociate. Ognuno aveva convinzioni incrollabili fondate su decenni di impegno. Addirittura i linguaggi erano diversi e, il più delle volte, non comunicanti. Limiti allo sviluppo? Non se ne parla: non si può metterli a chi è stato colonizzato dall’occidente e in quel
momento provava ad intraprendere un primo percorso di autonomia, finalmente libero dalla dittatura. Solidarietà? Era una parola estranea all’ecologia…Eppure, superate le diffidenze reciproche, non senza aspre discussioni, nacque uno spazio di creatività politica irripetibile.
La Campagna Nord Sud, che molti in Italia neanche ricordano sia esistita, è stato un luogo di scambio e di condivisione di idee, un’oasi di insperata libertà di discussione, un think tank , si direbbe oggi, di elaborazione teorica ma anche di pratiche contro la globalizzazione crescente, che per molti versi ha seminato in silenzio. Il raccolto è venuto molto tempo dopo, quando le cose sono cambiate e sono diventate comportamenti diffusi, stili di vita, convinzioni radicate soprattutto nei giovani. Un comune debito ecologico, anziché finanziario, e soprattutto un debito verso la biosfera ha subito reso chiaro che o ci si salva insieme o non ci si salva affatto. In più, uno sviluppo cieco distrugge ecosistemi sensibili, che vivono in equilibri complessi, sempre in bilico, generando povertà e ingiustizie che hanno molte conseguenze. Per questo era necessario rivedere le politiche di cooperazione dell’occidente e i rapporti con i paesi in via di sviluppo, ma anche il “peso” del Nord verso il Sud del mondo. E non solo sui massimi sistemi. Era la vita di ognuno che andava cambiata.
Oggi c’è una coscienza diffusa degli effetti dei mutamenti climatici ma anche delle ingiustizie che provocano povertà e migrazioni e un’intera generazione ha adottato stili di vita ispirati a idee di cui si è persa la matrice, e di cui non si riescono a individuare con precisione madri e padri. Comportamenti a basso impatto ambientale o a bassa impronta ecologica (vegetarianesimo, uso della bici, riuso ad esempio), condivisione delle difficoltà e solidarietà (co-housing, gruppi di acquisto solidale, volontariato), attenzione all’etica dei comportamenti verso tutti gli esseri viventi… e si potrebbe proseguire a lungo.
Cerchiamo allora di ricostruire cosa ha generato questa propensione ad una “conversione ecologica” del quotidiano, per usare un termine di Alex Langer, largamente condiviso anche da Giuseppina nella sostanza, al di là della definizione.
Indubbiamente alla fine degli anni ‘80 c’era un grande fermento legato alla scoperta dell’ambientalismo e dell’ecologia su scala mondiale. Il Rapporto Bruntland “Our Common future” aveva profondamente scosso un mondo assopito, e sarebbe lunghissimo ripercorrere la storia di una presa di coscienza mondiale. In Italia stavano nascendo le Liste Verdi, ad esempio e si discuteva con fervore del problema del debito dei Paesi del Terzo Mondo, altrimenti
definiti Paesi in via di Sviluppo. Nessuno comunque in Italia aveva tentato una saldatura teorica fra giustizia per i popoli e salvezza del Pianeta.
In questo contesto Alexander Langer lancia un appello per convertire l’”ingiusto e unilaterale” debito finanziario del Terzo mondo in un comune debito ecologico collegando “le richieste dei paesi debitori per uno sviluppo autogestibile e sostenibile” con “l’esigenza dell’intera umanità di salvaguardare l’integrità del pianeta”. L’appello viene sottoscritto da centinaia di persone appartenenti a mondi diversi. Ecco, da Ariccia, prima sede di incontro della campagna Nord/Sud, è partito un lungo percorso.
Giuseppina stessa ha sintetizzato i punti cruciali della storia della Campagna Nord/Sud in un importantissimo quaderno della Fondazione Langer edito dalle edizioni dell’Asino, pubblicato nel 2012, in occasione dell’anniversario dei vent’anni dell’Earth Summit di Rio de Janejro. L’appello originale recitava: “Ai paesi ricchi, maggiori responsabili del degrado, spetta cambiare stili di vita e ripagare il debito ambientale accumulato verso il Sud fin dal colonialismo, e ai governi del Nord, al Fondo monetario internazionale (Fmi) e alla Banca mondiale (Bm) viene chiesto di sostenere i paesi del Sud del mondo che legheranno la cancellazione del debito a impegni di conservazione sociale e ambientale”.
La proposta è sottoscritta da mondi diversi e questa concordanza d’intenti è una novità assoluta, anche rispetto a chi, come il Wwf, aveva lavorato sul Debt Swap for Nature, lo scambio debito-natura. Perché? L’appello accoglie il grido dell’America latina “Pagar es morir, queremos vivir” e spiega come il debito estero spinga i paesi definiti in via di sviluppo “a trasformare rapidamente le economie, le società, l’ambiente naturale in funzione delle banche e dei paesi creditori, invece che delle necessità delle loro popolazioni”. Il motore della corsa distruttiva è il sistema finanziario mondiale. Il primo appuntamento è quindi la mobilitazione internazionale in occasione del vertice del Fmi e della Banca mondiale, a Berlino in settembre.
La “Campagna Nord-Sud: biosfera, sopravvivenza dei popoli, debito” che si forma dopo l’appello seguirà i vertici annuali seguenti, la trattativa per il commercio mondiale (l’Uruguay Round) e i cinquant’anni di Bretton Woods. La Campagna non è mai stata un’organizzazione né un cartello tra sigle ma una libera aggregazione di persone convinte e impegnate, “un lievito piuttosto che un contenitore”. Sarà attiva dal 1988 al 1994 su debito estero del Terzo mondo, critica dello sviluppo, protezione dell’ambiente nel Sud e
conversione degli stili di vita del Nord.
Oltre i confini dell’Italia, si crea una rete internazionale, a partire proprio dai legami e rapporti che già molte Ong avevano. Ognuno ascolta con attenzione i propri referenti nel Sud del mondo. Anzi, si lavora insieme con loro sulla sostenibilità e l’ambiente. Nasce così l’Osservatorio per valutare l’impatto socio-ambientale del Nord sul Sud, per documentare ad esempio le responsabilità dell’Italia sulla distruzione della natura in Brasile. Un’antropologa brasiliana viene a lavorare a Roma e nasce dal lavoro dell’Osservatorio della Campagna la lotta per la restituzione della terra agli indios Xavante, finita proprietà dell’Agip-Petroli, in Mato Grosso.
Giuseppina va a documentare la vicenda spingendosi, con Mariano Mampieri e Jara Ferraz fino al villaggio. Un viaggio che dà sostanza alle attività della Campagna e fa fare un nuovo salto teorico: l’ ascolto diretto degli indios ha come conseguenza la necessità di avere maggiore rispetto per culture distanti anni luce dallo “sviluppo” ma non per questo meno dignitose o meritevoli di scomparire. Si va sul campo. E si va tutti all’Earth Summit di Rio.
Nel vertice Onu di Rio de Janeiro (1992), il Trattato della società civile sul debito estero del Terzo mondo assume in pieno la posizione della Campagna Nord-Sud, che sostiene il progetto di costituzione di una Corte Internazionale dell’Ambiente presso l’Onu per una nuova legislazione che contrasti, e anche punisca, l’appropriazione, la distruzione e il degrado di aria, acqua e terra, definiti con grande anticipo sui tempi “beni comuni dell’umanità da salvaguardare per le generazioni presenti e future”.
La storia della Campagna Nord Sud finisce di fatto alla fine del 1994 per carenza di finanziamenti, fino a quel momento largamente garantiti dalla Federazione nazionale delle Liste Verdi. La struttura si dissolve formalmente, ma il gruppo non muore e molti continuano a lavorare quasi individualmente. Il gruppo resiste anche alla scomparsa di Alexander Langer e si ritrova spesso, anche in incontri informali o in altre sedi culturalmente affini alla Campagna: la Fiera delle Utopie concrete a Città di Castello, ad esempio, o i Colloqui di Dobbiaco. Più frequentemente ci si ritrova alle numerose iniziative che Edi Rabini instancabilmente organizza per la Fondazione Langer.
Gli ultimi incontri sono nel 2012 per preparare una presenza sulla vicenda Xavantes, non ancora chiusa, a Rio +10. Un primo seminario a Viareggio cui segue un convegno a Bressanone in aprile: è come se il tempo non fosse mai
passato. Giuseppina, malgrado fosse molto segnata dalla malattia, con scrupolo anima la discussione e redige il verbale. Scrive Edi Rabini nella lettera di convocazione: “Riandando all’esperienza di quegli anni (della Campagna Nord/Sud, ndr) ci ha colpito il fatto che abbiamo creato una rete, forse senza saperlo e molto prima che creare reti diventasse una moda”.
Sarebbe lungo entrare nel merito dei cammini paralleli che proseguono e che, a volte, si incrociano ancora. Quello che resta senz’altro è il legame fortissimo, di vera amicizia, che solo il pionierismo di chi si avventura su percorsi non del tutto noti può sviluppare. Per questo la Campagna Nord/Sud non è stata solo una sede politica di grande importanza: è stato un luogo in cui si sono costruiti affetti duraturi che ancora oggi sopravvivono, almeno per un nucleo ristretto ma agguerrito che ne fu il cuore e la mente. Un legame che oggi è attraversato dal ricordo dei tanti viaggi fatti insieme a Giuseppina (in Nicaragua e in Brasile, ad esempio). E dalla nostalgia di quelle (tante) riunioni conviviali dove il buon cibo e il buon vino non sono mai mancati.